La Sfinge egizia tra domande e risposte sul suo passato
CHI HA SCOLPITO DAVVERO LA SFINGE?
Come si può vedere dalla foto del modello, la Sfinge è un colosso di pietra al centro di una “vasca” chiusa su tre lati, in particolare sul lato posteriore e sui due laterali. Da almeno 3.500 anni, la zona attorno ad essa è un arido deserto di sabbia. Negli ultimi millenni, la sabbia in Egitto è stata continuamente spostata dal vento; in condizioni normali, essa trasporta la sabbia nella “vasca naturale scavata” della scultura egizia, riempiendola completamente.
La sabbia ricopre quindi l’intera “parte scavata” fino all’altezza del collo della statua, la cui testa si trova grossomodo all’altezza del terreno circostante. In condizioni normali, quindi, la testa della Sfinge resta l’unica parte visibile della statua. Fu infatti questa la condizione in cui venne trovata la statua nel XIX secolo, completamente sepolta nella sabbia, ad eccezione della testa. Furono gli archeologi a dissotterrarla e a mostrarcela come la vediamo oggi.
Tenendo conto di questo aspetto, non è possibile che i costruttori della Sfinge abbiano deciso di scolpire questa statua sapendo che sarebbe stata ricoperta di sabbia. I costruttori sapevano per esperienza che, anche se avessero spalato via la sabbia, questa si sarebbe ripresentata puntualmente nel giro di poco tempo. Come spiegare questo apparente errore madornale?
La spiegazione più semplice e plausibile è che, evidentemente, quando venne essa venne scolpita, la zona attorno alla roccia non era affatto ricoperta di sabbia come lo è oggi. Questo spiegherebbe in modo semplice e ragionevole perché i costruttori non presero in considerazione la possibilità che la sabbia potesse invadere la “zona intorno alla scultura” e sotterrare la Sfinge. La sabbia, in quel tempo, semplicemente non c’era! Quindi, essa non era un problema da prendere in considerazione.
In un periodo compreso tra il 12.500 a.C. e il 3.500 a.C., il Sahara si è trasformato gradualmente da una zona verdeggiante piena d’acqua a un deserto. Evidentemente, la Sfinge fu scolpita in quel periodo, quando la sabbia non era un problema. Questo rende evidente che essa non fu scolpita dagli egiziani che conosciamo noi, ma da una popolazione precedente.
Antica civiltà scomparsa 30000 anni fa.
La teoria di Robert M. Schoch
La Sfinge di Giza, uno dei monumenti più iconici dell’antico Egitto, ha affascinato studiosi e visitatori per secoli. Tra le varie teorie che cercano di spiegare la sua origine e il suo significato, quella di Robert M. Schoch, geologo e professore presso la Boston University, ha suscitato particolare interesse e dibattito. Il Geologo, noto per le sue ricerche nel campo della geologia e della storia antica, ha proposto una visione innovativa riguardo alla datazione e alla formazione della Scultura, sostenendo che il monumento possa essere molto più antico di quanto generalmente accettato.
Secondo Schoch, la Sfinge non sarebbe stata costruita intorno al 2500 a.C., come comunemente indicato, ma potrebbe risalire a un periodo precedente, addirittura a circa 10.000 anni fa. Questa teoria si basa principalmente sull’analisi dell’erosione della roccia di cui è composta la stessa. Schoch ha osservato che i segni di usura e deterioramento non sono coerenti con l’erosione causata dal vento e dalla sabbia, tipica del deserto egiziano, ma piuttosto somigliano a quella provocata dall’acqua. Questa osservazione ha portato Schoch a ipotizzare che la Sfinge fosse stata esposta a condizioni climatiche diverse, in un’epoca in cui l’area era caratterizzata da un ambiente più umido. Questo dato conferma la teoria sopra esposta.
Le implicazioni di questa teoria sono enormi. Se la Sfinge è effettivamente più antica, ciò potrebbe significare che una civiltà avanzata esisteva nell’area molto prima di quella che conosciamo come antica Egitto. Schoch suggerisce che questa civiltà potrebbe aver avuto conoscenze sofisticate in architettura e ingegneria, mettendo in discussione le narrativas storiche tradizionali che vedono l’antico Egitto come il punto di partenza della cultura e della tecnologia umana.
Tuttavia, la teoria di Schoch non è priva di critiche. Molti archeologi e storici sono scettici riguardo alle sue conclusioni, sostenendo che l’erosione osservata potrebbe essere spiegata attraverso processi naturali noti e che non esistono prove concrete di una civiltà pre-egiziana avanzata, cosa ormai riconsociuta non vera da diverse prove in giro per il mondo. La maggior parte degli archeologi considera questa incredibile opera come un prodotto dell’era del faraone Khafre, parte di un complesso funerario che include anche la vicina piramide.
Nonostante le controversie, il lavoro di Schoch ha riacceso il dibattito sull’antichità della Sfinge e sull’evoluzione della civiltà umana. La sua ricerca invita a riconsiderare le cronologie storiche e a esplorare ulteriormente i misteri dell’antico Egitto. La più grande scultura del mondo rimane un simbolo di mistero e meraviglia, e le teorie come quelle di Schoch contribuiscono a mantenere vivo l’interesse per la sua storia e il suo significato nel contesto della nostra comprensione del passato. In un mondo in cui le scoperte archeologiche continuano a sorprendere, il dibattito sulla Sfinge di Giza è lungi dall’essere concluso, e la ricerca di verità storiche continuerà a stimolare l’immaginazione e la curiosità di molti.
Antichi Laghi del Sahara: Un Viaggio nel Passato dell’Africa Settentrionale
Immaginate un’Africa settentrionale vibrante e fertile, dove, tra 10.000 e 5.000 anni fa, i megalaghi del Sahara si estendevano come oasi nel deserto che conosciamo oggi. Questa affascinante mappa ci svela come apparisse il continente prima che il Sahara si trasformasse nel vasto deserto attuale, circa 3.000-7.000 anni fa.
All’epoca, il paesaggio era caratterizzato da lussureggianti praterie e laghi poco profondi, veri e propri rifugi per la vita. Gli antichi abitanti dell’Africa seguivano i corsi d’acqua, scoprendo terre ricche e fertili. Le tracce di questo passato si possono ancora leggere nell’arte rupestre e nei letti dei fiumi ormai prosciugati, testimoni silenziosi di una storia affascinante.
Il fiume Nilo, in particolare, scorreva attraverso il basso canale di Wadi Tushka, dando vita a un vasto lago che si estendeva per oltre 25.000 chilometri quadrati. Questo specchio d’acqua, insieme ad altri laghetti minori, sosteneva una straordinaria biodiversità di piante e animali, mentre gli insediamenti umani prosperavano nei pressi delle preziose fonti d’acqua.
Le evidenze di questi antichi laghi ci giungono attraverso vari reperti: alghe fossili, resti di pesci, granuli di polline e reperti archeologici, tutti sapientemente conservati nelle sabbie del deserto e analizzati dai ricercatori. Ma cosa ha causato questa metamorfosi? Il cambiamento climatico, principalmente legato allo spostamento dei parametri orbitali della Terra, ha influenzato le piogge monsoniche e la circolazione atmosferica nelle regioni del Nord Atlantico, trasformando radicalmente il paesaggio.
Un viaggio nel tempo che ci invita a riflettere su un passato ricco di vita e biodiversità, un’epoca in cui il deserto Sahariano era un paradiso terrestre.
Vedi anche “I tori sacri nell’antichità”
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