L’uomo ha origini extraterrestri e potrebbe essersi evoluti su Marte?
Nel campo della ricerca scientifica, ci sono idee che sfidano la “saggezza” convenzionale degli accademici, spingendoci con teorie, supposizioni e tesi oltre i confini della nostra comprensione, ovvero di quella comune e manipolata dai media e dal deep state, nonché l’establishment scientifico accademico. Uno di questi concetti rivoluzionari, ruota attorno alle origini dell’umanità stessa e ad alcune caratteristiche fisiche che sfidano la logica evoluzionistica nel nostro pianeta.
Dimentichiamo le cospirazioni cosmiche e le rivelazioni scioccanti di ufologi come il sottoscritto e di ricercatori complottisti che remano controcorrente; approfondiamo invece un’ipotesi affascinante che suggerisce che potremmo dover la nostra esistenza al pianeta rosso: Marte. Anche se nel mondo della ricerca ufologica in molti hanno ipotizzato tale possibilità, alcuni hanno anche scritto libri, in realtà questa viene proprio dal mondo accademico, anche se con una mentalità decisamente più aperta.
Una teoria stimolante
Il 20 dicembre 2013, l’ecologo planetario (termine che mi ricorda sempre i romanzi e film di Dune) Dr. Ellis Silver ha svelato un’idea provocatoria e non da poco nel suo libro “Gli esseri umani non vengono dalla Terra”. Ha sottolineato diverse vulnerabilità fisiche peculiari dell’umanità, che sono altrimenti inspiegabili, giusto per fare qualche esempio: la nostra suscettibilità alle scottature solari e la necessità di occhiali da sole in piena luce, che approfondiremo più avanti nell’articolo.
Questi tratti, ha sostenuto lo scienziato, suggeriscono un’origine extraterrestre dell’uomo, entità biologica completamente differente dalle altre che si sono evolute in questo pianeta. Ma prima di liquidare tutto questo come fantascienza, esaminiamo il ragionamento dietro le sue affermazioni.
Prima di farlo vorrei però appuntare una cosa che ritengo molto importante; prima di lui, altri scienziati hanno notato queste problematiche e messo per iscritto queste tesi, ma sono stati screditati meticolosamente proprio dall’establishment scientifico accademico con il semplice uso di parole e/o frasi come “non è uno scienziato ma un filosofo”, della serie, non è uno che capisce nulla di scienza ma un pensatore che vede cose che non sono tangibili, cercando di spiegarle metaforicamente e non con prove fisiche e reali.
Sicuramente ho suscitato la vostra curiosità omettendo di proposito il nome dello scienziato, tra l’altro importante scrittore e realmente filosofo degli anni 30: Desiderius Papp di cui trovate un lungo articolo nel mio sito internet www.statodiemergenza.com. Egli ipotizzava teorie di gran lunga all’avanguardia rispetto ai nostri tempi, non erano quindi facili da comprendere, le sue ipotesi radicali, ma logiche e debbo dire possibilissime, oggi cominciano ad essere rielaborate dalla scienza moderna più all’avanguardia e dai ricercatori mentalmente più aperti.
Tra le sue teorie per esempio la vita sotterranea in mondi apparentemente disabitati, sulle nane brune sufficientemente calde da ospitare vita primordiale, che non necessita di molta luce o che vive al buio e tra le varie anche che l’uomo non sia originario della Terra e che tra un milione di anni perderà molte delle sue attuali caratteristiche. Quest’ultime se confrontate con la letteratura ufologica contemporanea sembrano una delle razze dei Grigi, ma questo concetto non è tema dell’articolo. Vi invito a vedere i miei video dove tratto questo argomento sul canale YouTube UFONEWS di Gabriele Lombardo (@UFONEWSGL).
Un indizio di questa teoria viene proprio dai nostri corpi e dal confronto con gli animali della Terra
Studi di medicina sportiva hanno rivelato che il corpo umano produce diversi tipi di grasso a svariate temperature e questo non è un mistero. Stranamente, la temperatura ideale per la creazione di “grasso buono” nell’organismo umano non è su questa terra come ci si aspetterebbe, ma è in linea con la temperatura media vicino all’equatore su Marte durante il periodo estivo.
Questo fatto è una strana corrispondenza ed è confermata dalla scienza. Questa intrigante ed apparentemente stravagante coincidenza solleva interrogativi sulla nostra storia evolutiva, ma a mio avviso anche sul passato dell’umanità, sul contatto con altre civiltà e sulla vitalità storica del pianeta Marte e le motivazioni e i tempi della sua fine geologica e biosferica.
Volendo fare un paragone con gli animali del nostro pianeta, possiamo notare subito che noi non abbiamo sviluppato il pelo come essi, elemento che per il mondo faunistico come per alcune specie ominidi ed in parte i Neanderthal ha un ruolo specifico ed importante. Un altro aspetto rilevante; è che l’uomo si scotti con i raggi solari e non sembra essere idoneo alla vita all’aperto senza i giusti indumenti che lo riparino dal sole e dalle intemperie climatiche. Questo stesso adattamento è avvenuto molto lentamente.
La stessa postura eretta con la nostra gravità richiede un dispendio gravoso di energia ed un affaticamento fisico notevole, non solo a livello energetico ma anche di consumo ed usura. Siamo gli unici nella biosfera terrestre a soffrire di mal di schiena in modo capillare, nella fauna terrestre questi problemi sono dovuti a fattori congeniti o esterni.
Inoltre gli animali che stanno in postura eretta sono pochi e lo fanno solo per breve tempo, ad esempio i primati e gli orsi, gli altri hanno invece sviluppato caratteristiche che riducono la lunghezza della colonna vertebrale irrobustendo moltissimo le ossa degli arti inferiori e le anche, come ad esempio i canguri, con lo scopo di scaricare gran parte dello sforzo e del peso dalla schiena.
L’uomo ha anche altre caratteristiche non presenti negli animali come per esempio organi sessuali sviluppatisi nel tempo non solo per la riproduzione ma anche per il piacere. Mentre i corrispettivi organi degli animali, sono fatti esclusivamente per aumentare al massimo la possibilità di fecondazione ed il numero della propria progenie.
L’uomo è inoltre un ibrido tra predatore e preda, come se il suo ambiente evolutivo e biosferico fosse completamente diverso da quello terrestre. Inoltre l’adattamento graduale all’uso di utensili e la nascita della tecnologia umana, potrebbe non essere avvenuta come noi crediamo. Per esempio i Sapiens erano molto più evoluti dei Neanderthal dal punto di vista dell’adattamento e dell’uso di strumenti.
Ritmi circadiani dell’uomo e Marte
Un altro pezzo del puzzle arriva dal mondo dell’esplorazione spaziale. Ma prima di affrontarlo debbo spiegare un momento cosa sono i ritmi circadiani e per farlo vi cito le parole testuali della Libreria Multimediale di Medicina statunitense del National Center for Biotechnology:
“I ritmi circadiani sono influenzati da numerose variabili correlate allo stile di vita, soprattutto in relazione ai ritmi imposti dalla società moderna, e vengono profondamente alterati da diverse condizioni patologiche. La fisiologia circadiana è organizzata in modo complesso e integrato; molti dei fattori che sincronizzano il sistema sono a loro volta influenzati e regolati da diversi assi ormonali. Parallelamente, i disturbi del ritmo circadiano derivano da input non ottimali dei fattori sincronizzanti o da condizioni patologiche, e le conseguenze determinano un impatto significativo in diverse condizioni, quali l’obesità e i disturbi del sonno.”
National Center for Biotechnology
I ritmi circadiani degli astronauti si sincronizzano in modo differente che con la nostra amata Gaia, essi si allineano infatti, con il giorno marziano, che dura 24,9 ore, e non 24 come sulla Terra, questo fatto per quale motivo potrebbe avvenire? Forse avverrebbe per una questione legata a fattori sconosciuti dello spazio. Ma questa caratteristica, potrebbe suggerire una connessione ancestrale con l’ambiente marziano? È un concetto che vale la pena considerare, troppe coincidenze e troppe poche variabili.
Nello spazio mancano i riferimenti della natura che sono presenti nel nostro pianeta e che ci accompagnano per tutta la vita da sempre, l’assenza di tali fattori e di luce-buio o di riferimenti temporali legati alle ore dell’alternanza sfasano letteralmente l’organismo, generando una quantità di problematiche di gran lunga superiori a quando invece questo problema insorge su umani ben saldi sul suolo terrestre. Siamo quindi davanti ad un’anomalia del comportamento circadiano umano nello spazio, qualcosa che allo stato attuale non si può spiegare e rimane quindi un mistero soggetto a speculazioni.
Marte: il nostro antico pianeta vivente
Ci sono alcuni fattori pseudo sconosciuti dai più sul pianeta Marte, uno di questi è che la sua formazione ed il suo presunto ciclo siano iniziati circa 100 milioni di anni prima rispetto a quello terrestre. Sul Pianeta rosso potrebbe esserci stato un ciclo vitale rapido, ma non necessariamente semplice, al contrario la sua rapidità potrebbe aver generato molti fattori imprevisti e persino complicazioni e una vita a sua volta più varia di quanto possiamo immaginare.
“La storia antica dei due pianeti è simile sotto molti aspetti, ed è molto affascinante che nel corso dell’evoluzione i due mondi abbiano intrapreso percorsi così diversi”, spiega l’esperta di astrobiologia Amy Williams dell’Università della Florida. “Se davvero non c’è vita su Marte, perché non c’è? Cosa è cambiato? Cosa è successo? Perché non dovrebbe esserci? E, se c’è stata in passato, che cosa è accaduto poi?”
National Geographic
Recenti scoperte hanno rimodellato la nostra comprensione di Marte. Un tempo considerato una terra desolata, arida, polverosa, completamente rosso e con caratteristiche troppo estreme per l’uomo, oggi si ritiene che il pianeta fosse un tempo un mondo blu e che in un lontano passato vi scorressero fiumi di acqua, ci fosse stata un’intensa attività vulcanica, una più spessa atmosfera ed un campo magnetico efficiente.
Con un’atmosfera robusta e con più ossigeno e acqua abbondante in tutto il pianeta, esso era il gemello piccolo della terra. Marte aveva quindi tutti i requisiti necessari alla vita, comprese le molecole organiche per la sua evoluzione. Potrebbe essere stato questo il luogo di nascita delle forme di vita marziane che in seguito trovarono la strada verso la Terra?
In effetti, la scienza stessa spesso mette in discussione le proprie teorie ed affermazioni, elaborandone di nuove e modificandole in seguito alle più recenti scoperte, quindi perché scartare a priori un’ipotesi che al momento non può essere provata.
La fine della biosfera marziana
Ormai: scienza, parascienza e complottisti, convengono che su Marte c’è stato un evento catastrofico. Il destino del pianeta rosso ha preso una svolta oscura quando la sua atmosfera ha iniziato a erodersi nello spazio a causa dell’assenza di un campo magnetico, ma come si è esaurito quest’ultimo? Questo evento catastrofico teorico, ipotizzano alcuni, costrinse gli abitanti marziani a cercare una nuova casa all’interno del nostro sistema solare, conducendoli infine sulla Terra.
L’idea che potremmo essere discendenti dei marziani è allo stesso tempo intrigante ed in un certo senso poetica, apparentemente improbabile, ma esaminando tutti gli aspetti tecnico scientifici, sembra una reale possibilità. Ma cosa portò alla distruzione il pianeta rosso, bloccando persino il ciclo vulcanico, che su Marte era davvero fortissimo.
La teoria è che vi fu una catastrofe planetaria, una grossa cometa squarciò la sua superficie generando un calore sufficiente a fare evaporare l’atmosfera, di conseguenza anche l’acqua dei mari ed infine il suo raffreddamento improvviso, che avrebbe portato la rimanente acqua nei poli e nel sottosuolo sottoforma di permafrost.
L’ossigeno è il principale combustile atmosferico e sarebbe stato il primo a bruciare. Ma il campo magnetico si sarebbe esaurito in seguito alla morte geologica del pianeta. Secondo alcuni scienziati come il fisico giapponese Key Hirose dell’università di Tokyo, il quale ha condotto un esperimento avanzato simulando le teoriche caratteristiche del nucleo del pianeta rosso, dimostrando che ad un certo punto della sua vita, circa 3,4 miliardi di anni fa, il suo nucleo si sarebbe diviso in due parti portando a perdere le correnti convettive, che spingono il campo magnetico terrestre e quindi plausibilmente anche quello marziano.
“Nel 1996 gli scienziati hanno annunciato che un meteorite marziano recuperato dalla regione delle Allan Hills in Antartide sembrava contenere microfossili, minuscoli segni mineralizzati, a forma di verme, indice del fatto che qualche forma di vita aveva strisciato sulla superficie del pianeta, circa 4,1 miliardi di anni fa. Quelle osservazioni si sono rivelate ambigue ed estremamente controverse, provocando dibattiti che durano ancora oggi. Ma il tutto ha comunque avuto un risvolto positivo.”
National Geographic
Sulla terra prima dell’epoca del diluvio universale sono arrivati diversi meteoriti marziani e continuano ad arrivarne, uno di questi è ad oggi oggetto di controversie per via dei vermi microbici contenuti, che sarebbero stati tra le prime forme di vita marziane, ma c’è una domanda importante a cui molti non sembrano dare la giusta attenzione, come fa un bolide di Marte ad essere arrivato sul nostro pianeta?
La risposta è semplice, lo stesso cataclisma planetario che lo ha distrutto ne ha sparso frammenti nello spazio e questi si incrociano con l’orbita terrestre ciclicamente e ricadono sul nostro pianeta attratti dalla gravità. Questi fatti sono di per se una spiegazione logica e razionale della catastrofe marziana, che spazzò via tutto quello che si trovava sul pianeta rosso, anche eventuale vita complessa e segni di civiltà.
I Martianus Sapiens
In epoche remote dunque è esistita la vita su Marte, anche se oggi ancora non la si vuole ufficializzare, almeno dal punto di vista dei microorganismi. Sul pianeta rosso è esistito un ambiente atto alla formazione di biomolecole a base di carbonio come quelle umane, precursori necessari all’evoluzione di forme di vita in grado di svilupparsi in esseri complessi, coscienti e intelligenti.
Comunque, l’Homo sapiens sulla Terra e su Marte un presunto Martianus sapiens avrebbero avuto solo vaghe somiglianze per anatomia, aspetto, attitudini psicofisiche e comportamenti, come dimostrerebbero gli odierni studi xenobiologici a causa dei diversi percorsi evolutivi, in risposta alle diverse storie geologiche, climatiche e biosferiche dei due pianeti. Giusto per fare un paio di esempi: i marziani sarebbero più alti e slanciati, con crani allungati, cervelli forse più grandi ecc..
I sapiens marziani sarebbero stati sempre più avanti quindi dei sapiens terrestri per conoscenze scientifiche e tecniche (e anche per un’illuminata organizzazione sociale), grazie al vantaggio di un’evoluzione fisica e intellettuale iniziata milioni di anni prima della nostra.
Siamo davanti a mere ipotesi speculative, ma alcune supposizioni non possono che innescare ulteriori domande e teorie, la descrizione di un marziano sarebbe simile infatti a quella degli atlantidei terrestri come oggi li dipingiamo, dolicocefali, più intelligenti, più socialmente evoluti, con tecnologie più avanzate e un pensiero più razionale e logico del nostro che va a sfavore di minori emozioni.
Coincidenze, Stupidaggini, oppure siamo davanti a qualcosa che potrebbe spiegare molti fatti nel futuro? Gli stessi Anunnaki descritti ed abbondantemente discussi da Sitchin si stabilirono in parte su Marte e sarebbe stata proprio una luna del loro pianeta natale o del loro sistema stellare a spaccare in due Tiamat il pianeta perduto dei sumeri.
Tiamat il pianeta perduto
Ma dove si inserisce il pianeta perduto che molti teorizzano e mettono in connessione con Marte, la Terra ed un pianeta non ancora scoperto? L’autore Zecharia Sitchin una volta propose l’esistenza di un dodicesimo pianeta oltre Plutone (ormai declassato), veniva considerato dai Sumeri un pianeta anche la nostra Luna, quindi ai 9 (incluso plutone) si sommava il nostro satellite, il pianeta X, detto anche Nibiru, ed un altro pianeta non più esistente, un’idea respinta da molti come assurda.
Ma siamo sicuri che lo sia? E’ sempre più plausibile per molti fattori: orbita, influenza dei pianeti esterni, anomalie gravitazionali della nube di Oort, orbite di comete ecc., che il pianeta X sia invece esistente ed anni fa due scienziati della NASA annunciarono la sua presunta scoperta e lo chiamarono Tyche, poi non si seppe più nulla.
Quindi anche il pianeta scomparso potrebbe essere realmente esistito. Le prove dell’esistenza di Tiamat, come lo chiamavano i Sumeri, sono però l’argomento che ci serve in questo momento per chiarire meglio la sua esistenza. I mesopotamici più antichi, chiamavano la cintura di asteroidi “l’anello martellato” in quanto resti di un pianeta distrutto, secondo la stessa storia la parte più grande del suddetto divenne la nostra luna, l’acqua del suo pianeta si riversò sulla Terra o si disperse nello spazio ed infine si formò un anello di asteroidi in orbita dove si trovava prima il pianeta Tiamat.
Le prove scientifiche di tutto ciò non esistono o forse non sono ancora state divulgate dai media e dalle fonti ufficiali, anche se sono emersi diversi fattori che potrebbero un giorno confermare una parte di questa storia. Ci sono anche prove concrete che gli asteroidi facessero parte di un unico pianeta, alcune vennero alla luce quando nel 2008 una pioggia di bolidi portò alla precipitazione di diamanti (nel vero senso della parola) insieme ai normali meteoriti sulla Terra, suggerendo i resti del pianeta perduto.
Non sono rare nemmeno le piogge rosse o di sangue che sono generate da materiale organico di comete di passaggio. Potrebbe essere Tiamat la casa perduta da tempo dei nostri antichi antenati? O forse una meta dove l’umanità si trasferì dopo Marte e da dove poi si spostò nuovamente in direzione di Gaia? Non credo ci sia una risposta a queste domande, non ancora almeno, ma sono certo che il futuro ci riserberà anche in tal senso molte sorprese.
Il fascino verso i viaggi spaziali e l’esplorazione di altri mondi
In conclusione, il fascino dell’esplorazione spaziale che coinvolge spesso i bambini e i ragazzi ed anche alcuni adulti, potrebbe essere retaggio di qualcosa di profondamente radicato nella coscienza collettiva. La possibilità che la nostra specie abbia radici extraterrestri offre una prospettiva profonda sul nostro posto nell’universo, ma la necessità di ricerche e risposte, che servono anche a comprendere la nostra stessa natura: controversa, adattabile e differente dalle altre forme di vita della nostra biosfera e talvolta addirittura aliena.
Mentre l’enigma dell’inizio della nostra civiltà continua ad affascinare l’immaginazione collettiva, dobbiamo ricordare però che la ricerca di risposte guida l’incessante esplorazione del cosmo, un viaggio che un giorno potrebbe svelare i segreti dei nostri antenati marziani o tiamatani con tutta una serie di implicazioni sul fisico, mente, esigenze, l’evoluzione del genere umano e la storia dei nostri precursori.
Alla fine, indipendentemente da dove abbiamo avuto origine o da dove veniamo, il viaggio alla scoperta di sé attraverso: la scienza, le domande, le ipotesi e le risposte agli enigmi del cosmo rimangono una ricerca eterna, che ci ricordano come l’universo sia ricco di meraviglie e misteri ed uno di questi è proprio l’origine dell’umanità.
Articolo recentemente pubblicato su X-Times di Giugno
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